Dachau. L’odore dei Diritti Violati

Visto l’argomento trattato, mi sembra corretto avvisare che questo post ha un taglio decisamente diverso dal solito e contiene immagini che potrebbero urtare la vostra sensibilità, se non ve la sentite lo comprendo benissimo.

Un giorno mio figlio verrà a curiosare nel mio blog, perchè questo diario è anche parte  della sua eredità insieme all’educazione alla vita. Quest’ultima è un lavoro che durerà molti anni, forse uno dei compiti più difficili per un genitore.

Questo post è dedicato a tutti quelli che si sentono persone migliori perchè sono nate in un posto migliore, quelli che getterebbero bombe sulle navi cariche di disperati nel Mediterraneo, quelli che sui social invocano i dittatori del passato, quelli che manifestano contro i diritti degli altri, quelli che se sei handicappato non vai bene e sei omosessuale nemmeno, ultimi ma non meno importanti, tutti i leaders religiosi che di fronte all’Olocausto si sono voltati dall’altra parte per pregare, così come tanti cittadini che hanno scelto di non vedere.

Se fai parte di una di queste categorie, ti farà piacere sapere che sono esistiti molti posti in Europa dove questi sentimenti di odio hanno preso forma durante la prima metà del 1900. Io ho visitato uno di questi luoghi, che oggi i tedeschi chiamano Gedenkstätte o meglio Monumento Commemorativo.

Nel bel mezzo di un percorso d’integrazione, insieme alla mia classe e al mio insegnante di Tedesco, ho visitato il Campo di Concentramento di Dachau, il primo Lager del Regime Nazista, correva l’anno 1933.

Dachau Campo di Concentramento
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Ho iniziato ad ascoltare il mio insegnante, che per lunghe quattro ore, non si è mai  risparmiato, oltre a dettagliate spiegazioni ricche di elementi storici dei quali non ero a conoscienza, ci ha proposto anche del suo materiale frutto di un lungo studio. Una cosa mi è stata chiara da subito, Dachau non è un posto per piangere, sarebbe troppo facile, penso che questi luoghi vengono conservati, si per non dimenticare, ma anche e soprattutto per riflettere.

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Come potete vedere nella cartina qui sotto, Dachau è stato il primo di tantissimi campi di concentramento sparsi per tutta l’Europa, Italia inclusa.

Dachau Campo di Concentramento
Copyright intantointedeschia.com Nella foto i Lager presenti in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale

Dachau è stato quasi completamente distrutto e solo parzialmente ricostruito grazie alle testimonianze dei sopravvissuti. Non immaginavo una zona di una tale vastità, leggere i numeri sui libri non rende davvero l’idea, ma basta trovarsi davanti all’ingresso e tutto prende forma. Il cancello nella foto, come sapete è una riproduzione, l’originale è stato rubato nel 2014, a testimonianza che la follia umana non si è mai estinta.

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Il Secondo Conflitto Mondiale è probabilmente l’argomento più trattato nelle scuole italiane, e pur avendo ripetutamente studiato le ragioni che spinsero Hitler e la sua politica di pulizia a imporsi in Europa, sentirle elencare oggi mi ha molto turbata. Una campagna politica basata sulla contestazione dei migranti e gruppi religiosi, sulla necessità di fare ordine, per far ripartire l’economia. Sono sincera, se non fosse che i miei piedi erano poggiati su un monumento nazionale, avrei pensato che si stesse parlando di un comizio politico attuale e non di ottant’anni fa.

Dachau Campo di Concentramento
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All’interno del Campo hanno allestito un Museo, nel quale oltre a diverse cartine dell’Europa dell’epoca, ho potuto constatare che ben 9.523 miei connazionali hanno vissuto qui tra queste mura. 9.523 è numero spaventoso. Ogni cosa fa paura a Dachau anche vedere i colori della bandiera del mio Paese.

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Dachau Campo di Concentramento
Copyright intantointedeschia.com Numero dei Prigionieri in Dachau dal 1933 al 1945

Il Museo è un percorso che se fatto con attenzione, è un crescendo di emozioni e sofferenza. Ci siamo soffermati più di un’ora a parlare delle torture inflitte ai prigionieri, è stato un momento molto difficile per tutti, più volte sono stata sul punto di scoppiare in lacrime. Quando sono iniziati i discorsi sugli esperimenti medici fatti sui neonati, da mamma ho avuto un crollo psicologico e mi sono allontanata.

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Mentre circolavano fazzoletti, tra un sospiro e un altro ho scorso un documento del Regio Esercito Italiano che ha subito attirato la mia attenzione, Banci Giuseppe. All’epoca l’Istria era ancora Italia e il nostro connazionale Giuseppe risulta nell’elenco dei sopravvissuti a Dachau.

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Terminata la visita al museo, siamo rimasti all’aria aperta, c’era un vento gelido ma nessuna fretta di entrare nella Baracca dove torturavano i cittadini. Appena entrata sono stata assalita da un’ansia soffocante, camminare per quei corridoi è stato difficile, così come ascoltarne i racconti. Sui soffitti sono ancora visibili le sagome delle celle di 80 per 80 cm, loculi verticali che venivano occupati da due prigionieri alla volta.

Dachau Campo di Concentramento
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Dachau Campo di Concentramento
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Usciti da questo corridoio tra noi compagni c’era un silenzio assordante. Ci siamo diretti verso i dormitori, dove ad ogni persona era destinato circa mezzo metro cubo di spazio vitale, c’era un odore all’interno che non sono riuscita a sopportare, spero che queste foto rendano l’idea degli spazi.

Dachau Campo di Concentramento
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Dachau Campo di Concentramento
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Dachau Campo di Concentramento
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Il cammino verso i Forni Crematori è durato un’ora, durante la quale non sentivo più né fame né sete. Ascoltando il mio insegnante, osservavo ai margini del Campo i luoghi di culto delle quattro religioni a cui appartenevano i detenuti. Si perchè successivamente all’Olocausto furono costruiti questi luoghi di culto, più che altro sono dei monumenti, davanti ai quali, se dopo aver visto tutto questo, se ne ha ancora voglia, si può pregare. Onestamente, io non avrei consentito la costruzione di questi luoghi di culto, li avrei lasciati costruire FUORI dalle mura. Evidentemente il mio punto di vista è diverso.

C’è un ruscello il cui fondo dorato è fatto di monete luccicanti, anch’io ho buttato la mia moneta e in religioso silenzio, abbiamo attraversato il ponte e ci siamo ritrovati davanti  ai Forni Crematori.

Dachau Campo di Concentramento
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Non ho avuto la forza di scattare foto all’interno perchè davvero mi mancava l’aria. Questo è quello che gli Americani si sono trovati davanti entrando a Dachau alla fine dell’Aprile del 1945, esattamente 12 anni dopo l’inizio di un incubo. Concessero ai prigionieri di vendicarsi dei loro aguzzini e obbligarono gli abitanti di Dachau ad entrare nel Campo e guardare con i loro occhi cosa succedeva ad un passo da casa loro.

Dachau Campo di Concentramento
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Una delle cose più inquietanti è stata sapere che c’era un’area in cui soggiornavano le famiglie delle SS con mogli e figli che frequentavano una piccola scuola, il tutto all’interno del Campo. Quasi a voler vivere normalmente dentro un inferno di grida e orrori.

Perchè bisogna visitare un Campo di Concentramento? Primo Levi scriveva: “L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.”  Quanto è vero, dico io.

Noi abbiamo la responsabilità di visitare questi posti per avere una visione più ampia della storia contemporanea, e abbiamo altresì il dovere di portarci i nostri figli quando saranno in grado di comprendere. I libri ci aiutano ma non sono sufficienti, e men che meno lo sono i social che ci spingono a vivere una realtà sempre più asettica, mentre posti come Dachau conservano l’odore dei diritti negati, quell’odore che non ti lascia scampo ma che è necessario annusare per dare un senso diverso alla nostra esistenza. 

Campo di Concentramento di Dachau
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Dachau Campo di Concentramento
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7 pensieri riguardo “Dachau. L’odore dei Diritti Violati”

  1. Al liceo ci avevano portato alla Risiera di San Sabba. A Dachau sono andata per conto mio da grande. Ho entra in quei posti non può avere certe idee che si leggono sulle bacheche di Facebook oggi. Non può. Dovrebbero renderle tappe obbligate nel percorso scolastico, portarci anche gli adulti che non ci sono mai stati. È un dovere civile e morale.

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  2. Ho appena scoperto il tuo blog e mi piace molto, e questo post e’ semplicemente stupendo… non ho mai visitato un posto come Dachau e probabilmente finirei per piangere tutto il tempo. Ricordo di aver provato sentimenti simili a quelli che descrivi quando ho visitato il museo della bomba atomica ad Hiroshima, che e’ sicuramente una cosa diversa ma conserva lo stesso orrore di quello che la specie umana e’ capace di fare.

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    1. Ciao Giupy, grazie del tempo che mi hai dedicato. Si per me è stata una giornata molto dura e mentalmente molto stancante, ma questa è la storia e non possiamo, non dobbiamo dimenticare. Un abbraccio
      Lara

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  3. Ciao Lara! Visitai il campo di Dachau incinta di 4 mesi, durante gli anni in cui vivevo in Germania. Ricordo il silenzio, il cielo grigio e il senso di angoscia che mi restò addosso e mi fece piangere tutta la notte. E’ un’esperienza impossibile da dimenticare e che dovrebbero rendere obbligatoria per le scuole di tutta Europa, perché è inutile studiare la storia sui libri, non imparare niente dagli errori commessi in passato e poi vomitare odio e razzismo sui profili Facebook. Grazie per il tuo post.

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    1. Grazie a te per aver condiviso la tua esperienza, è bello sapere che non sono l’unica ad avere questi pensieri. Il razzismo sui social a volte mi fa sentire contro corrente, ma continuo a credere che l’integrazione sia possibile, è molto faticosa ma possibile. Un abbraccio, Lara

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