Ciao Ines

Da quando studio il Tedesco ho scoperto l’importanza e il peso delle parole, soprattutto nei momenti di grande emozione. Sono contenta di sapermela cavare con questa lingua perché ringraziare di cuore, stavolta è stato davvero un bisogno.

La scorsa estate, alla maestra d’asilo di mio figlio è stata diagnosticata una malattia, nonostante i medici le avessero consigliato di rimanere subito a casa, lei ha risposto “Io non lavoro con delle macchine, lavoro con i bambini e non posso lasciarli soli da un giorno all’altro. Mi assicurerò che tutte le questioni siano risolte, poi li saluterò.” Ed è così che Ines ha deciso di licenziarsi con i canonici sei mesi di preavviso dopo 14 anni di lavoro nella stessa azienda. Qualcuno pensava stesse facendo due lavori, si mormoravano molte ipotesi. Anche se avevamo notato che il suo fisico stava cambiando e che faceva sempre più fatica. Quando la direzione le ha dato il permesso, ce lo ha detto: “Sono malata. Ho bisogno di avere la mente libera per affrontare questa malattia. L’idea di lasciare i miei bambini a tratti soli e a tratti con una me molto stanca, non mi piaceva per niente, così ho preferito licenziarmi e lasciarli con una guida più stabile.” Questa notizia è stata per tutti noi una vera e propria doccia fredda.

Questo è quanto ci siamo dette negli ultimi giorni al Kindergarten. Come sapete questo diario di viaggio sarà l’eredità che lascerò a mio figlio, pertanto ho pensato di mettere per iscritto sotto forma di lettera, tutto ciò che ci siamo dette per salutarci.

Cara Ines,

Dio solo sà quanto questi anni di Kindergarten siano stati difficili per me, e tu sei l’unica che ha sempre cercato di aiutarmi.  Ricordo i primi giorni d’asilo come se fosse ieri. Io ero legata ad un’idea che prevedeva che le maestre d’asilo fossero come una seconda mamma, immaginati il mio schock culturale quando scoprii che qui in Baviera il ruolo dell’Erziehrin è ben lontano dalla maestra in Italia. Le educatrici bavaresi osservano, guidano, ma per esempio non aiutano un bambino ad allacciare il giubbetto piuttosto che le scarpe. Il concetto d’indipendenza anche nei piccoli gesti, prevale sempre.

Solo tu, in un gruppo di 20 educatrici, capisti subito che ero spaventata da questo cambiamento e che il mio stupore era sincero. Soprattutto il primo anno. Ricordo i tuoi sorrisi quando mi vedevi mentre fotografavo gli annunci per i genitori. Tu mi chiedevi sempre: “Tutto bene? Hai bisogno d’aiuto?” Poche parole magiche, che nessun altra tua collega ha mai osato pronunciare. Tu sei l’unica ad aver capito che l’interessamento che ho sempre dimostrato per le attività svolte durante la giornata, non era un modo per mettere le maestre sotto pressione o per giudicarle, era il mio approccio di mamma italiana. Solo tu mi dedicavi sempre qualche minuto a fine giornata.

E quella volta che mio figlio ruppe volontariamente un giocattolo del Kindergarten, te lo ricordi? Tu hai rifiutato i nostri soldi e ci hai spiegato che l’educazione non è una merce di scambio. Quando raccontai tutto l’accaduto nel post Imparerai insegnando. E imparando insegnerai fu un grande successo, e per me e mio marito fu una grande lezione di vita.

Tu non c’eri quando persero mio figlio, lo raccontai in questo post Vedere oltre la collina  Questo evento fu così grave che per la prima volta dalla fondazione della scuola, la preside decise di cambiare le regole sui cambi gruppo dei bambini. Tu eri l’unica sinceramente sconvolta per l’accaduto, fosse stato per le tue colleghe, tutto sarebbe stato archiviato sotto “piccola distrazione”.

E quel mattino all’inizio del 2018? Tu piangevi mentre ci consegnavi le lettere del presidente dell’AWO che annunciava la chiusura entro tre settimane del nostro gruppo. E quanto abbiamo lottato insieme per tenerlo aperto. Il destino del Gruppo Giungla ti stava davvero a cuore, perché tu ne eri la colonna portante.

E fino all’ultimo non ti sei risparmiata. Eri già malata,  quando la Preside due mesi fa si è rifiutata di aiutarmi con il suo solito “Wir dürfen nicht!”. Io ero davvero giù di morale, ma tu sei tornata da lei a fare la voce grossa e a sostenere i miei diritti, e quando abbiamo ottenuto quel che volevamo ci siamo abbracciate. Quante emozioni che ho vissuto tra queste mura e altrettante ne avrei da raccontare.

Ora che sono qui e ripenso a tutto quel che è successo in questi anni, ripenso anche a quando nel 2015 espressi il desiderio che mio figlio avesse una maestra “tipo seconda mamma” come lo sono le maestre d’asilo in Italia, ed ero così triste per questa mancanza. Ecco, ora mi rendo conto che in realtà il mio desiderio era stato realizzato e quanto sono stata stupida a non accorgemene. Che sciocca sono stata e solo ora me ne rendo conto. Ora che sono qui a ricordare tutto quello che hai fatto per noi. Mi rendo conto che mi sono lasciata ingannare dai tuoi tatuaggi, dai tuoi dilatatori alle orecchie, dai tuoi capelli arcobaleno. Ora so che le mie preghiere erano state ascoltate e quella seconda mamma eri proprio tu cara Ines.

A mio figlio non è ancora ben chiaro che forse non ti rivedrà più. Non gli abbiamo detto nulla se non che starai a casa a riposare per un po’. Non ha ben capito, ma durante la festa del tuo ultimo giorno, mi si è avvicinato e mi ha detto “Mamma abbiamo fatto tanti regali a Ines, non capisco perché piange. Ma anche tu mamma perché piangi?”. Io gli ho risposto che salutare chi ci ha fatto del bene è sempre difficile. Lui ha poi deciso di disegnarti la batteria di un’auto smontata in tre pezzi con un palloncino a forma di cuore al centro. “Questo palloncino a cuore è per Ines, la batteria dell’auto può sempre servire.” mi ha spiegato.

Io e mio marito ti auguriamo ogni bene, ma soprattutto di guarire e di tornare a lavorare coi bambini. Come ti ho detto, la Germania ha bisogno di educatrici come te, che sanno vedere oltre al proprio naso e fanno della multiculturalità un valore.

Non so perché la vita ti abbia posto davanti questo grande ostacolo da superare, ma so che nulla avviene per caso, e per citare uno dei miei autori preferiti, Paulo Coehlo, “Se camminassimo solo nei giorni di sole, non raggiungeremmo mai la nostra destinazione”.

Ciao Ines

immagine tratta da internet

9 pensieri riguardo “Ciao Ines”

  1. Non vi conosco, ma forse non serve.
    Mi sono tanto commossa. Non so esprimere bene i miei sentimenti in questo momento, ma non me la sento di non lasciare almeno un abbraccio forte forte a Ines e a te che sai dare valore e voce a momenti unici, a persone uniche.
    Spero di rileggere presto novità bellisissime su Ines.
    ❤️❤️❤️

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      1. Tutti i giorni ascolto mia figlia nel racconto di cosa offrono gli asili nido dalle nostre parti. Sono pochi, sono cari e i posti sono limitatissimi.
        Niente di nuovo sotto questo sole.
        Una delle cose bellissime in questa storia è che le persone speciali ci sono sempre, sotto qualunque pelle.

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