Riscrivere la propria storia

In questi anni in Germania ho conosciuto moltissime persone, ho ascoltato racconti di vite vissute, di grandi cambiamenti e sacrifici. Decidere di lasciare il proprio paese significa spesso dover riscrivere la propria storia. Dove ognuno di noi riesca a trovare la forza per mettere in atto un cambiamento così grande, resta un mistero. I media ci parlano spesso di singoli neolaureati in fuga, ma la mia percezione è che siano sempre più intere famiglie a lasciare l’Italia. E credetemi, varcare i confini con dei figli al seguito, richiede ancora più forza e coraggio. Alcune famiglie, come la mia, arrivano qui tramite un’azienda, la quale provvede anche alla ricerca di una casa. Altre meno fortunate, si ritrovano a dover organizzare ogni cosa in tedesco, in un paese che sicuramente offre grandi opportunità, ma non regala niente e soprattutto non fa sconti.

Questa è la storia della famiglia di Marino, operaio specializzato di 50 anni.

In Italia all’inizio del 2017 Marino e sua moglie, entrambi romagnoli, persero il lavoro. Prima chiuse l’azienda dove lavorava lui e poi quella di lei. Rimasero senza stipendi nel giro di due mesi. Gli ammortizzatori sociali tardavano ad arrivare e i loro genitori, ormai nonni, dovettero intervenire per aiutarli con le pensioni. Nel giro di pochi mesi, Marino fu costretto a dare la disdetta della casa che affittavano e traslocare a casa dei nonni. “E’ stata durissima!” mi raccontava Marino e poi ancora:

“Non dormivano più e usare le pensioni dei nostri genitori per andare avanti era a dir poco umiliante. In Italia ci eravamo proposti per ogni tipo di lavoro, ma per le aziende erano due vecchi. Si può essere considerati vecchi a 50 anni? Pare di si. Un giorno, mia figlia che frequentava le elementari, è tornata a casa con un foglio per andare in gita. Ho guardato a lungo quell’invito in cui mi chiedevano poche decine di euro. Io non li avevo, e ho passato la notte sveglio a pensare. La mattina dopo mi sono alzato dal letto e sono andato dritto da mio padre. Gli ho detto senza mezzi termini che sapevo che stavano facendo tanto per noi e gli ero immensamente grato, ma non potevamo andare avanti così. Gli ho chiesto il favore di prestarmi il suo camper. Volevo portare la mia famiglia in Germania e cercare lavoro lì. Lui era incredulo e spaventato e mi offrì più soldi. Ma io non volevo aiuti, volevo poter lavorare! E così è stato.  Il camper era vecchiotto, ma sapevo che trovare casa in Germania senza lavoro sarebbe stato impossibile. Almeno per i primi tempi avremmo avuto un tetto sulla testa. Io e mia moglie abbiamo aspettato la fine della scuola dei nostri due figli, abbiamo venduto la nostra auto per avere liquidità sufficiente, e siamo partiti. Destinazione: Monaco di Baviera.  Quando siamo arrivati era giugno e pioveva. Mia figlia grande di 14 anni badava alla piccola di 8, mentre io e mia moglie andavamo a bussare alle aziende per trovare un lavoro. Nella zona dell’areoporto di Monaco ci sono diverse ditte internazionali dove si svolge ogni tipo di attività. Io e mia moglie non sapevamo una parola di tedesco, ma eravamo più che motivati! Avevamo voglia di lavorare e di ritrovare la nostra dignità.

Abbiamo fatto pochissimi colloqui, un po’ in inglese misto italiano. In 6 settimane avevamo entrambi un contratto di lavoro in mano. Io in un’azienda che noleggia le auto e mia moglie in un’azienda italo-tedesca che importa prodotti alimentari.

Chiaramente eravamo entrambi in Probezeit, cioè il periodo di prova che in Germania dura mediamente 4/6 mesi. Sicuri di rimanere abbiamo provveduto ad iscrivere le nostre figlie nelle scuole pubbliche tedesche di pari grado. L’impiegata del comune aveva studiato italiano al Gymnasium e per fortuna nostra lo ha voluto rispolverare: “Il vostro indirizzo?” e io “Viviamo in Strasse Xxx… un’area parcheggio per camper e roulotte, ecco noi viviamo in un camper. Ma finito il probezeit cercheremo una vera casa” e lei “Capisco, qui è dura trovare casa. Siete molto coraggiosi!”. E mia moglie sottovoce “o solo matti…”.

A settembre le mie figlie hanno iniziato la scuola. Entrambe sono state inserite in classi per stranieri dove si fanno ore supplementari di tedesco. Io e mia moglie eravamo molto preoccupati, sapevamo che sarebbe stato un cambiamento enorme anche per loro. Ma questa esperienza ci ha insegnato anche ad avere più fiducia nelle nostre figlie, che a Natale erano già diventate bilingue con grande felicità nostra e degli insegnanti. A dicembre, terminati i Probezeit, io e mia moglie avevamo ottenuto due contratti a tempo indeterminato, eravamo pronti a firmare un contratto d’affitto. 

Quell’anno le feste di Natale le abbiamo passate sommersi da giornali locali con annunci di affitto case. All’inizio pensavamo di poter scegliere dove abitare, che illusi! La richiesta di case in Baviera è altissima. Abbiamo mandato mille richieste scritte in tedesco dalle mie figlie, ma senza nessun risultato, era sempre troppo tardi. Sembra incredibile, ma qui in Baviera è più facile trovare un lavoro che una casa!

Una mattina di primavera un collega tedesco ha comunicato la richiesta di trasferimento e alla macchinetta del caffé mi ha detto con tono riservato “So che vivi con la tua famiglia in un camper, io ho chiesto il trasferimento e lascerò il mio appartamento, se sei interessato ti metto in contatto col proprietario”. Ero così felice che non sono nemmeno riuscito a dire danke, sono corso fuori per telefonare a mia moglie e poi a mio padre in Italia che piangeva per la felicità.

L’inverno in Camper è stato durissimo. Le temperature erano costantemente sotto lo zero e vivere tutti in un unico ambiente è stato molto stancante. Le mie figlie avevano rinunciato a tutto: agli amici, alla propria casa, alla propria cameretta. Non si sono mai lamentate, ma alla notizia di una vera casa sono sobbalzate! Quando io e mia moglie abbiamo firmato il contratto di affitto ci tremavano le mani per l’emozione. Finalmente avevamo di nuovo una casa! E così è stato.  Sai, mi rendo conto di quanto la nostra scelta possa sembrare folle, ma qui abbiamo ritrovato la nostra dignità.”

Non so voi, ma io trovo che Marino e la sua famiglia abbiamo compiuto un’impresa straordinaria e sono felice di averli incontrati. Il loro coraggio mi è stato di grande ispirazione in questi anni, perché emigrare è soprattuto decidere consapevolmente di riscrivere la propria storia e loro sono stati incredibilmente coraggiosi.

Alla prossima avventura!

Lara G.

immagine tratta da internet

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