Appuntamento con Judith alle 9,25 davanti all’Hotel Henry. Temperatura -9 gradi, sole.

Ed eccomi alla mia prima Colazione Pedagogica, nella Sala Giardino di uno splendido quattro stelle. Judith mi viene incontro per un abbraccio e insieme andiamo a presentarci a Carina, nome proprio della Pedagoga che ci avrebbe guidato alla scoperta del rapporto genitore/figlio. Una lunga tavolata con Playmobil ovunque, alle spalle una grande vetrata sul giardino innevato. Come spesso succede qui in Germania, i relatori iniziano subito raccontando la loro vita, i loro studi, le loro esperienze e parlano spesso dei propri figli, e così ha fatto anche Carina, e tutte ci siamo rilassate.
Secondo passo, ogni partecipante si deve presentare, e naturalmente è toccato anche a me. Quando ho spiegato che vorrei che mio figlio fosse sempre educato, pulito, gentile e che ho sempre l’impressione che lo siano solo gli altri, sono scoppiate tutte a ridere!
Terminate tutte le presentazioni, Carina ha fatto un lungo discorso sull’importanza del rapporto dei figli con la figura paterna, e con gli altri uomini della famiglia. Ci ha parlato di quanto il tempo che i padri passano con i figli sia fondamentale, e questo è uno dei motivi per cui ci siamo trasferiti. In Italia se fai “solo” otto ore in ufficio sei considerato un pelandrone, se poi accenni all’esigenza di passare del tempo coi tuoi figli, sei semplicemente un coglione (mi scuserete il francese). Io facevo ogni giorno mediamente una o due ore in più, e ogni volta che dovevo uscire all’orario previsto dal contratto era una tragedia!
Qui in Germania la situazione è diversa, ad esempio mio marito torna ad un orario decente, questo gli consente di stare due o tre ore ogni sera con nostro figlio prima di metterlo a letto e per noi è importantissimo. Se mio figlio è ammalato i suoi colleghi tedeschi gli scrivono per avere notizie, in Italia hanno sempre cose più importanti a cui pensare e poi “c’è tua moglie, non può fare da sola come tutte?”. Diciamocelo, l’Italia è il Paese dove le Sentinelle manifestano per la famiglia tradizionale, ma se arrivi in ufficio e dici che sei incinta, immediatamente vieni marchiata come “Stronza non poteva aspettare il pensionamento per fare un figlio ? Così ci danneggia tutti!”. Questo è il motivo per cui Carmen Russo da stupida tettona del Drive in, è diventata improvvisamente un esempio di rara intelligenza per tutta la comunità.
Avrete compreso che non mi sono affatto pentita della scelta di emigrare in Germania, ma questo non mi esenta dall’avere problemi, anzi.
Quando Carina chiede a tutte di scrivere su un foglio i nomi degli uomini della famiglia con cui i nostri figli si rapportano di frequente, il mio è l’unico foglio in cui compare solo un nome: “Papà Beppe”. Mi guardo intorno e tutte le mamme hanno riempito il foglio con nomi di cugini, zii, nonni, come è normale che sia, quando si vive nell’ambiente in cui si è cresciuti. Anch’io in Italia avrei scritto una lista di nomi, ma oggi sono un’immigrata. Ho sposato un uomo straordinario che ci ama oltre ogni immaginazione, con il quale andrei in capo al mondo, ma questo non riempie il foglio.
Ascoltando Carina e le altre mamme, ho capito che noi genitori expat non abbiamo bisogno solo di figure come i pedagogisti, i nostri problemi di expat si sommano a quelli dei “normali” genitori, e il nostro mondo è molto più complesso. Spesso ci incontriamo nei gruppi su Facebook e scopriamo di avere molte cose in comune. Dobbiamo studiare e parlare una nuova lingua, affrontare un nuovo sistema scolastico, un nuovo sistema sociale, nuove leggi, ultimo ma non meno importante, cresciamo bambini bilingue e anche se a dirlo sembra figo, non è così semplice. Ci svegliamo ogni mattina con la consapevolezza che, per dare un futuro ai nostri figli non c’erano molte alternative, se non lasciare il nostro Paese, ma sappiamo anche di portare in giro per il mondo un valore aggiunto poichè, come disse Fabio Zaffagnini durante il Rockin’1000: “L’Italia è un paese dove i sogni non si realizzano facilmente, ma è una terra piena di passione e creatività”. E noi Expat restiamo italiani, nonostante tutto.
Mi hai commosso. Ho passato il computer a mio marito e si è commosso anche lui. Grazie.
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Grazie, grazie di avermi dedicato il vostro tempo. Un abbraccio, Lara. Ps: anche per me non è stato semplice scrivere
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